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1° maggio: lavoro e malaffare a Benevento.

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Da Gli Italiani del 1° maggio 2011

di Gabriele Corona

Benevento è il capoluogo dell’entroterra campano che si vanta di essere isola felice assolutamente estranea a quella criminosa gestione della amministrazione pubblica che ha rovinato gran parte della regione. Di certo però, il capoluogo sannita non può nascondere uno dei tassi di disoccupazione, soprattutto giovanile, più alto d’Italia e contestualmente una ferrea e scientifica gestione politico-clientelare dei pochi posti di lavoro disponibili nel settore pubblico o creati grazie a vari contributi regionali o europei. Ed ora, a poche settimane dal voto per il rinnovo del consiglio comunale, tornano alla mente episodi che sembravano oramai dimenticati, ma che i diretti interessati ricordano eccome. Non hanno perso la memoria, ad esempio, i 290 giovani che proprio durante l’ultima campagna elettorale del maggio 2006, furono chiamati dagli amministratori del centrodestra a firmare i contratti per essere inseriti in uno dei più grandi progetti che il Comune era stato capace di promuovere: il polo calzaturiero beneventano.

Per quel progetto elaborato nell’ambito del PRUSST (Programma di Riqualificazione Urbano e Sviluppo Sostenibile del Territorio), vanto dell’ex sindaco di AN, ora senatore nella galassia della maggioranza berlusconiana, Pasquale Viespoli, la Regione Campania aveva concesso un finanziamento di oltre 3 milioni di euro per la formazione e la successiva assunzione a tempo indeterminato dei giovani. I promotori locali dell’idea, tutti legati ad AN, avevano trovato le aziende marchigiane accredidate nella produzione di scarpe di qualità ed assicuravano anche di aver già individuato i partner americani disposti a vendere le nuove scarpe che avrebbero reso famosa Benevento oltre oceano.

Ed invece, dopo aver avviato la prima attività di formazione, le imprese marchigiane lasciarono il posto ad altre ditte che dopo aver incassato due milioni e mezzo di contributi regionali, hanno chiuso i battenti senza neanche finire di pagare le spettanze dei 290 lavoratori, rimasti senza occupazione e senza ammortizzatori sociali. Insomma, la solita truffa consumata grazie alla copertura degli amministratori locali desiderosi di promettere posti di lavoro in campagna elettorale.

Naturalmente l’amministrazione di centrosinistra che nel 2006 aveva vinto le elezioni, dopo lo scandalo del polo calzaturiero ha assicurato netta discontinuità con le precedenti politiche occupazionali. Ed in effetti, più che inventare altri progetti per l’insediamento di attività imprenditoriali assistite da corposi finanziamenti pubblici, la giunta comunale guidata dal sindaco Fausto Pepe, allora fedelissimo mastelliano, ha puntato decisamente a creare nuova occupazione incentivando le attività nel settore edile e gestendo i posti di lavoro nel Comune e nelle sue aziende partecipate. I risultati non sono meno disastrosi di quelli ottenuti dai predecessori che “hanno fatto le scarpe” ai 290 disoccupati.

Per il suo primo grande progetto di sviluppo, il sindaco Fausto Pepe nel 2007 ha fatto un accordo con due grandi imprese edili della Lega delle Cooperative che a Benevento si era spesa non poco per l’apertura dell’ipermercato di Maurizio Zamparini ora in grave crisi e al centro di pesanti vicende giudiziarie. I consorzi Toscano Costruzioni ed Etruria Costruzioni nel 2007 assicuravano di avere rapporti con diversi soggetti privati, tra i quali il colosso svedese IKEA, interessati ad investire un miliardo di euro per una piattaforma logistica da realizzare alla periferia della città, lungo la superstrada che collega la A1 da Caianello alla Napoli Bari. Naturalmente a fronte di un investimento privato di tale entità la Regione avrebbe dovuto sborsare 250 milioni di euro per urbanizzazioni, obiettivo non facile ma possibile grazie all’accordo UDEUR e DS che all’epoca occupavano posti di rilievo nei governi regionale e nazionale. In più i due consorzi rossi si mostravano tanto determinati a realizzare il progetto che per convincere anche i più scettici amministratori e funzionari comunali, pagarono di tasca propria lo Studio di fattibilità curato dal Comune stesso con la collaborazione di giovani tecnici ingaggiati per l’occasione.

Poi nel 2008 il terremoto giudiziario che ha investito l’UDEUR ha fatto saltare gli accordi per i finanziamenti regionali e così è apparso a tutti evidente che la Piattaforma Logistica beneventana era un bluff perché a nessuno sarebbe venuto in mente di fare investimenti per lo stoccaggio delle proprie merci lungo una strada a due corsie in un area senza collegamento ferroviario.

I consorzi toscani però non vogliono tornare a casa a mani vuote ed ora puntano agli appalti per opere pubbliche e alla edilizia residenziale. Sono questi i due nuovi cavalli di battaglia del sindaco Fausto Pepe che però è stato sfiduciato proprio mentre stava per raggiungere, senza troppo clamore, un risultato clamoroso: concedere le autorizzazioni per la costruzione di 2000 alloggi, pari a quasi tutta la volumetria prevista dal nuovo PUC che ancora non è stato approvato. I due strumenti amministrativi da utilizzare per raggiungere l’ambizioso risultato che naturalmente viene giustificato con il nobile obiettivo di creare posti di lavoro, hanno nomi suggestivi: Piano Casa e Programma per l’edilizia sociale. Si tratta di disposizioni regionali che l’amministrazione comunale ha immeditamente sfruttato e in parte adeguato per rendere possibile la costruzione di alloggi e servizi commerciali anche in deroga agli strumenti urbanistici, in aree di grande pregio ambientale e di interesse storico o destinate ad esproprio. Il prematuro scioglimento del consiglio comunale, però, non ha consentito il rilascio delle necessarie concessioni edilizie.

Neppure per la occupazione dei posti nella pubblica amministrazione e le aziende partecipate, l’amministrazione uscente è stata più fortunata. Infatti, tranne gli incarichi di consulenza lottizzati grazie alla oscura gestione delle short list, il sindaco Pepe e i suoi assessori hanno prodotto non pochi danni per due concorsi pubblici oggetto di contenziosi e denunce in sede penale. Il primo riguarda l’assunzione di 13 impiegati presso la AMTS, l’azienda dei trasporti cittadini, vinto dal figlio del segretario generale del Comune, dalla figlia del direttore dell’azienda, dalla moglie del portavoce del sindaco, dalla sorella del dirigente alle finanze dell’Ente e dai figli dei sindacalisti confederali. Dopo le numerose proteste e le denunce, il concorso è stato annullato ma il contenzioso che già ha procurato danni alle casse pubbliche è destinato a durare. Il secondo concorso era riservato alla progressione di carriera per 41 dipendenti del Comune, anch’esso espletato ma sul quale pendono numerosi ricorsi al TAR ed una indagine della Procura della Repubblica.

Ma il caso recente più significativo per descrivere quali risultati produce la gestione corrotta del lavoro pubblico, è quello dei lavoratori dei Consorzi Rifiuti senza stipendio da molti mesi. Per legge devono essere utilizzati per la raccolta differenziata ma i comuni consorziati hanno affidato il servizio a ditte private. Anche l’ASIA , l’azienda del Comune di Benevento che raccoglie i rifiuti, ha utilizzato i lavoratori interinali ma non ha voluto adoperare quelli dei consorzi per i quali pure ha dovuto corrispondere il 52% degli stipendi pagati fino a luglio 2010. Ad agosto scorso, CGIL, CISL e UIL che mai hanno insistito per la utilizzazione di quei lavoratori per la raccolta differenziata dei rifiuti, hanno richiesto per loro la Cassa Integrazione pur trattandosi di dipendenti pubblici. A tale decisione si sono opposti tre lavoratori della FLAICA CUB che hanno vinto il ricorso dinanzi al giudice del lavoro e pertanto devono essere riassunti. Gli altri 124 sperano che i sindacati confederali decidano, magari oggi 1° maggio, di aprire una vertenza con la Provincia per la loro naturale utilizzazione.

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