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Un esempio di giornalismo di inchiesta: il Sannio Quotidiano documenta il disastro ambientale della discarica di Piano Borea

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Da il Sannio Quotidiano del 14 marzo 2010.

(Paolo Bocchino). Se non ci fossero gli impianti di captazione del biogas non sembrerebbe, a prima vista, neanche una discarica. Due collinette dal profilo dolce, non la solita montagna piramidale. Sullo sfondo la città di Benevento si staglia in tutta la sua estensione, rendendo persino panoramico un sito destinato per cinque anni ad accogliere immondizia proveniente da quasi tutta la provincia.

La storia. La discarica di Piano Borea ha operato dal 5 febbraio 1996 al marzo del 2001 ospitando i rifiuti solidi urbani dei 38 comuni aderenti al Consorzio Bn1 e di altri 13 centri della provincia. Si stima che nei cinque anni il sito, suddiviso in due vasche, abbia ricevuto circa 300mila tonnellate di rifiuti. Un quantitativo notevole se si considera che la discarica di Sant’Arcangelo Trimonte, impianto utilizzato dall’intera regione, ha una capienza progettuale di 800mila tonnellate.

Nel 2002 è stata avviata la bonifica parziale dell’impianto con la realizzazione di una rete di captazione del gas naturale sprigionato dalla decomposizione dei rifiuti. Il prelievo del biogas è attualmente fermo.

Un impianto al centro delle polemiche. Piano Borea ha vissuto un destino paradossale. La discarica ha provocato più polemiche dopo la sua chiusura che nella fase di esercizio. Nel 2004, a soli tre anni dalla chiusura, l’allora sindaco Sandro D’Alessandro prese in esame la possibilità di allestire a Piano Borea un’area di stoccaggio provvisoria per tamponare una delle fasi più acute della infinita emergenza rifiuti campana. La sola ipotesi, poi non attuata, scatenò la reazione di alcuni settori della stessa maggioranza di D’Alessandro. A distanza di tre anni l’emergenza tornò a farsi sentire duramente. I cassonetti della città traboccanti di rifiuti indussero il sindaco Fausto Pepe a rompere gli indugi e autorizzare la realizzazione a Piano Borea di una vasca di stoccaggio temporaneo nelle adiacenze della vecchia discarica. Immediata scoppiò la polemica. Pasquale Viespoli, primo cittadino per un decennio, criticò aspramente la “rottura del patto” stipulato negli anni precedenti con i residenti. Pepe in replica ricordò al Sottosegretario che l’evenienza era stata considerata anche dal suo successore e collega di partito, D’Alessandro.

Discarica poco bonificata. Basta un rapido sopralluogo per appurare che l’impianto di Piano Borea non ha esaurito il suo potenziale inquinante. In più punti si presentano evidenti perdite di liquido nero con reazione schiumosa a contatto con l’acqua piovana presente nelle caditoie. In una parola il temibile ‘percolato’ che fuoriesce alla base di una delle due collinette di immondizia. A spiegare l’origine del fenomeno sono due ex operatori del Consorzio che hanno lavorato per anni presso la discarica: “Il percolato veniva raccolto da appositi pozzi dai quali periodicamente il liquido era prelevato e stivato in una vasca, in attesa dell’arrivo delle cisterne per il trasporto definitivo. Se i pozzi non vengono svuotati con regolarità il percolato in eccesso si riversa a valle e finisce nei canali di scolo e dunque nell’ambiente circostante”.

Le lamentele dei vicini. Un problema che ben conoscono gli abitanti di Piano Borea. Due famiglie in particolare lamentano da tempo gli effetti indesiderati della vicinanza allo sversatoio cui da qualche anno si è aggiunta una vasca di stoccaggio temporaneo gestita dall’Asia. “Questa discarica è stata la nostra rovina – commenta con amarezza Francesco Pastizzo, una vita passata tra i campi prima della amara sorpresa – Chi ha pensato di realizzarla a pochi metri dalle abitazioni ha commesso un abuso grave. Come se non bastasse ci hanno “regalato” anche una nuova minidiscarica utilizzata per il carico e scarico dei rifiuti. Il risultato di queste operazioni è che non possiamo più utilizzare le acque dei nostri pozzi. Le usavamo per bere, oggi non possiamo più neanche lavarci la faccia”.

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