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Il Procuratore Nazionale Antimafia, grande tifoso del Palermo: il calcio dica no ai capitali ignoti altrimenti rischia di morire di mafia

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piero_grasso01gANSA del 6 luglio 2009-
“Esemplare il comportamento di Mediobanca con la Roma”
Per non morire di mafia il calcio dica no ai soldi sconosciuti, agli avventurieri, agli ingaggi siderali che drogano il mercato e lo rendono a forte rischio di infiltrazione criminosa. Pietro Grasso, 64 anni, da quattro procuratore nazionale antimafia e da una vita tifoso di calcio, ha titoli ed esami per parlare dell’allarme lanciato nei giorni scorsi dall’Ocse, l’organizzazione che cura la cooperazione e lo sviluppo economico dei paesi occidentali. E lo fa enunciando un principio che è alla base del suo libro appena uscito ed indirizzato a tutt’ altri ambiti: «Per non morire di mafia…».

«Appunto – spiega Grasso al telefono con l’ANSA – per evitare il pericolo di essere strangolato dal potere della criminalità, evidentemente interessata al potere sociale che genera ed alla possibilità di ripulire denaro, il calcio deve apprezzare e fare sue posizioni come quella presa recentemente da Mediobanca nella vicenda Roma. Occorre sapere da dove arrivano i soldi di chi entra nel sistema. Bisogna evitare che i capitali sporchi inquinino il mercato, perchè non c’è dubbio che il denaro a costo zero butta fuori il denaro che chiede interessi. Fa bene, fa benissimo Mediobanca a pretendere garanzie: a maggior ragione occorre massima trasparenza laddove ci sono di mezzo gli azionisti. Del resto in Italia abbiamo esempi lampanti senza bisogno di far ricorso alla mafia: la Parmalat, oppure i bond stranieri o le forme di economia virtuale che appunto hanno creato l’attuale crisi economica. Questo significa che bisogna guardarsi dagli avventurieri, dai finanzieri e quindi anche dai mafiosi, da tutti coloro che creano denaro dal nulla. Ripeto: la mafia, almeno un certo tipo di mafia, diciamo quella siciliana (o i casalesi che molto si avvicinano a questo tipo di manifestazione criminale, così come la ndrangheta) investe molto nell’imprenditoria. Molti dei proventi illeciti poi vengono trasferiti nell’economia locale con la faccia pulita».

Il rimedio è la tracciabilità? «Non si devono mai accettare capitali di cui non si conosce la provenienza. Perché un privato, un Moratti ad esempio, rischia personalmente o sul piano familiare: lui sa che rischia sulla sua persona e si prende le responsabilità conseguenti. Ma una società come la Roma che ha una situazione particolare, con le banche che l’hanno salvata…È un imperativo categorico conoscere chi mette i soldi».

Si appassiona, Grasso: come quando la domenica va a soffrire in tribuna al Renzo Barbera per il Palermo. Si appassiona perché il tifo è amore. E lui di squadre per cui tifare ne ha un paio: oltre a quella rosanero c’è quella della gente per bene. «Quella che riesce a sopravvivere al ricatto mafioso – conclude Grasso – e sceglie di stare dalla parte dello Stato e della legalità».
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