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Emendamento sulle escort per impedire le intercettazioni.

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Da Il Fatto Quotidiano del 21 aprile 2010

BAVAGLIO ANTI-D’ADDARIO
Intercettazioni, arriva l’emendamento contro le registrazioni E gli onorevoli “salveranno” i criminali dall’essere ascoltati

di Antonella Mascali e Sara Nicoli

Che fosse un’ossessione, una “guerra santa”, lo si sapeva. Ma nessuno era arrivato al punto di pensare che Berlusconi avrebbe dato mandato ai suoi fedelissimi senatori di inasprire il ddl intercettazioni addirittura con un “emendamento D’Addario” per mettersi al riparo, una volta per tutte, dalle emule della escort barese e dalla conseguente gogna a mezzo stampa. Invece l’ha fatto. Anzi, è andato oltre. Perché per colpire tutte le D’Addario del mondo, ha sparato ad alzo zero anche contro Le iene, Striscia la Notizia e persino Report: che nessuno sappia più nulla. Ma non solo.

Copertura parlamentare

Con una nuova norma che salvaguarda ulteriormente deputati e senatori, “si permette ai criminali – sostiene Antonio Di Pietro – di avere come referente un parlamentare. Basta che ci sia un parlamentare e le intercettazioni non valgono più, anche se viene confessato un omicidio . Per procedere, infatti, sarà necessaria un’autorizzazione che, come si è visto, la Camera si guarda bene dal dare. Il Pdl, in questo modo, ha fatto una grande apertura, ma alla criminalità”. Prosegue Di Pietro:“Prima si aveva la faccia tosta di dire le intercettazioni non si fanno più, adesso si dice che si possono fare, ma il cittadino non lo deve sapere”.Infatti sono state raddoppiate le pene per i giornalisti: “E’ evidente – dice Felice Casson del Pd – che queste nuove proposte costituiscono un’intimidazione nei confronti della libera stampa”. Nel dettaglio, tra governo e maggioranza sono stati presentati 12 emendamenti al ddl intercettazioni. Due sono del sottosegretario alla Giustizia, Giacomo Caliendo e gli altri sono del relatore Roberto Centaro (Pdl). Per rispondere allesollecitazioni del Quirinale,è stato confermato che gli “evidenti indizi di colpevolezza” torneranno a essere “gravi indizi di reato”, ma nell’emendamento del governo restano comunque una serie di paletti notevoli e ne vengono aggiunti altri. Per esempio si può intercettare solo se c’è ‘l’assoluta indispensabilità’ per lo sviluppo delle indagini”. Forti limiti anche per la sorveglianza dei luoghi: devono appartenere o essere utilizzati dall’indagato o da persone diverse sempre che risultino, già dalle indagini, a conoscenza dei fatti. Cioè gli inquirenti devono avere una sfera di cristallo e sapere prima che i controlli siano diretti soltanto nei confronti di chi, “con assoluta verosimiglianza”, è in qualche modo coinvolto nelle vicende su cui si sta indagando. Prevista anche la nuova immunità per i parlamentari, per evitare lo spettro di un’altra inchiesta come Trani; se si intercetta, anche indirettamente, un parlamentare sarà comunque obbligatoria l’autorizzazione della Giunta di Camera o Senato. I verbali di queste conversazioni saranno inseriti in un fascicolo separato e conservato in una apposito archivio.

Spegnete i registratori

Quanto all’emendamento D’Addario, prevede che chiunque “raudolentemente effettui riprese o registrazioni di comunicazioni e conversazioni a lui dirette è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni”. E sono i giornalisti l’obiettivo principale della “guerra santa” di Berlusconi: gli emendamenti presentati ieri peggiorano il testo approvato alla Camera. Vengono inasprite pene e multe: per chi pubblica in tutto o in parte atti o documenti di un procedimento penale è previsto l’arresto fino a due mesi o un’ammenda dai due ai 10.000 euro. Se vengono pubblicate le intercettazioni, si arriva all’arresto fino a due mesi, con un’ammenda dai 4.000 ai 20.000 euro e la sospensione dall’esercizio di una professione. Identiche le pene per chi pubblica riprese e registrazioni. Fino a 6 anni di carcere per le talpe delle procure . Queste norme contro la libertà di informazione – su proposta del governo – valgono anche per i procedimenti in corso, mentre il resto della legge non si applica alle inchieste per le quali i magistrati hanno già ottenuto l’autorizzazione alle intercettazioni. Insomma, una vera e propria tagliola per stampa e magistratura che Silvia della Monica, capogruppo Pd in commissione Giustizia, non può definire diversamente: “Siamo di fronte a un intervento che mina profondamente la libertà d’indagine e quella d’informazione, due cardini di ogni sistema democratico”. E stavolta, che farà Napolitano?

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