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Scuola Pacevecchia: il Comune sapeva che c’era Amianto

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L’Amministrazione comunale di Benevento sapeva che c’era Amianto nei pavimenti della scuola di Pacevecchia ma ha fatto eseguire i lavori senza il “piano di sicurezza”.
Ora sono necessari controlli medici periodici per accertare i possibili danni alla salute di bambini, insegnanti e personale ausiliario.
In altre scuole ed edifici pubblici c’è Amianto e la Rete Sociale Ecologica e Territoriale chiede che la ASL renda noto l’elenco dei siti contaminati.
Queste sono le novità più importanti emerse nel corso della Conferenza Stampa organizzata da Re.S.E.T. che si è tenuta il 30 gennaio all’Istituto Cattaneo.
Leggi testo diffuso in sala e testo consegnato ai giornalisti insieme alla copia delle 55 immagini proiettate.

LA NUBE DI POLVERE
Dossier sulla “questione amianto” a cura della Rete Sociale e Territoriale RESET

Gli effetti cancerogeni di un luogo comune

“Si sa che l’amianto fa male”. Con la sua apparente ovvietà, la sua innegabile semplicità, e le sue false certezze, questa banalissima affermazione ha conquistato progressivamente le menti di molte persone – amministratori, specialisti, gente comune, giornalisti. Come tante frasi suoi parenti stretti, tipo Piove governo ladro, Non ci sono più le mezze stagioni, Il matrimonio è la tomba dell’amore, ha raggiunto quello stato molto speciale e molto irritante che caratterizza i luoghi comuni: evidenza, verità e indiscutibilità. In presenza di frasi del genere non c’è bisogno di farla tanto lunga. Di mettersi a spaccare il capello. “Si sa che l’amianto fa male”. E allora, si può sapere qual è il problema?
Il problema è che i luoghi comuni impediscono di andare a fondo nelle cose, di capire di più e di capire meglio. Rassicurano e mettono a posto la coscienza. Chiudono il discorso. Ostacolano gli interrogativi.
Che nel nostro caso sono i seguenti: in che senso, l’amianto fa male? Perché? Come? Quando? E soprattutto, fa male e basta, o cosa?
Attualmente sono proibite su tutto il territorio nazionale “l’estrazione, l’importazione la lavorazione dell’amianto”, come recita la legge 257 varata nel lontano 1992. Ma l’amianto ha conosciuto tempi migliori di questi. Tempi in cui veniva largamente usato. Materiale estremamente versatile e resistente, è stato impiegato in circa 3500 applicazioni, che vanno dai tetti degli edifici ai freni a disco, dai guanti da forno alle guarnizioni elettriche, dai pannelli isolanti alle condutture dell’acqua, dai tessuti ai pavimenti di linoleum, ecc. ecc. Sembrava buono per tutti gli usi, l’amianto, come il prezzemolo. Sembrava un materiale economico, conveniente, efficace.
Poi, a un certo punto, tutto finisce. Chi lavorava con l’amianto comincia ad accusare disturbi. Chi vi era stato esposto denuncia problemi fisici gravi. Qualcuno ci rimette la pelle. Vengono avviate ricerche scientifiche. Si scopre che le fibre di amianto fissate nei composti, quando rilasciate nell’aria, possono essere nocive per l’uomo. Diverse analisi accertano così che l’amianto non era la sostanza amica che si credeva. Già, ma che cos’era?
Una sostanza nemica. Un pericolo. Un minerale cancerogeno.
L’amianto non è come l’influenza di stagione. Non provoca tosse e raffreddore. Non si cura con l’antibiotico. L’amianto attacca l’organismo umano e causa qualcosa di più che la carie o il mal di testa.
Si conoscono tre effetti gravissimi derivanti dal contagio con fibre di amianto: l’asbestosi, una malattia che, facendo perdere elasticità ai polmoni, impedisce l’ossigenazione e genera una insufficienza respiratoria irreversibile dalle ovvie, tragiche conseguenze; il mesotelioma, una forma rara e devastante di tumore che attacca alcune membrane dell’organismo ed è mortale nella quasi totalità dei casi; il carcinoma polmonare che, grazie all’esposizione alle fibre di amianto, aumenta di ben 5 volte le sue possibilità di colpire l’organismo.
Né la durata né l’intensità dell’esposizione alle fibre di amianto hanno alcuna rilevanza. Ci vuole poco ad essere esposti al contagio. Una sola fibra che riesca a entrare nel corpo umano è sufficiente a causare uno di questi effetti. E le fibre di amianto sono infinitesimali: in 1 mm di diametro se ne contano tra le 10.000 e le 50.000.
Queste gravissime patologie si manifestano in un arco di tempo molto lungo, che può coprire un’estensione di 40 anni. Ciò rende difficile individuarne agevolmente la presenza. E tuttavia, quando si manifestano, non lasciano scampo.
“Si sa che l’amianto fa male”. No, non è così. L’amianto non fa male. L’amianto uccide.

Il fattaccio del 16 settembre

Il 16 settembre del 2005 alla scuola elementare del quartiere Pacevecchia è una mattina come tutte le altre. La scuola funziona regolarmente. Bambini e insegnanti sono nelle aule a fare lezione. Sembra tutto normale, tranquillo, quotidiano. Ma nel piazzale davanti alla scuola c’è uno strano movimento. Una squadra di operai, dipendenti della ditta Nuzzo, sta caricando su un camion delle casse di legno. A una prima occhiata sembrerebbe una pacifica attività di rimozione di rifiuti, successiva a un qualche lavoro di ristrutturazione. Gli operai non indossano protezioni particolari. Nessuno della scuola è stato avvertito di questo lavoro. Perché avvisare qualcuno se si tratta di una semplice rimozione di materiale da buttare? Le casse sono grosse e pesanti. Nelle operazioni di carico si alzano polveri e detriti. Alcuni insegnanti, incuriositi, escono per dare un’occhiata. E scoprono che quelle casse non contengono un materiale qualsiasi. Contengono lastroni di linoleum con dentro fibre di amianto.

Semplificare le procedure

Facciamo un passo indietro. Nel 1998 la Asl di Benevento conduce una serie di analisi sulla suola elementare di Pacevecchia e scopre che il pavimento di linoleum della sala professori contiene fibre di amianto. I tecnici dell’Asl precisano che qualora dovesse essere rimosso quel pavimento, l’intervento dovrà essere fatto “adottando tutte le prescrizioni di legge”. Durante la rimozione c’è il pericolo che i lastroni si danneggino, rilasciando fibre di amianto nell’aria.
Nel 2003 giunge una segnalazione all’Arpac, la nuova agenzia regionale per l’ambiente, in merito alla presenza di amianto nella stessa scuola elementare. I tecnici effettuano una serie di rilievi e confermano quello che l’ASL aveva scoperto cinque anni prima, ma con una differenza: adesso la pavimentazione “mostra segni diffusi, talora marcati, di danneggiamento e usura”. Il lastroni sono diventati pericolosi.
Il Comune viene messo a conoscenza della situazione. E che sia informato dei fatti lo prova, nel novembre del 2004, il Dirigente dei Lavori Pubblici, l’ing. Fernando Capone. L’ingegnere fa esplicita richiesta scritta all’Arpac di una “certificazione relativa alla costituzione dei materiali contenenti amianto delle pavimentazioni in linoleum della scuola Elementare e Materna Pacevecchia”, di cui il Comune ha bisogno per ottenere dalla Regione i finanziamenti relativi ai “programmi di risanamento aree contaminate”. L’Arpac invia un nuovo Rapporto di Prova a conferma delle analisi eseguite.
Due certezze, allora: 1) nella scuola di Pacevecchia c’è amianto; 2) il Comune di Benevento lo sa.
Otto mesi più tardi, nel giugno del 2005, vengono avviate le procedure per assegnare il lavori di rimozione del pavimento con le fibre di amianto. Ci si aspetterebbe che il Comune assegni i lavori a una ditta specializzata nella rimozione di materiali contenenti amianto. La legge infatti prevede una serie di sistemi di sicurezza specifici per questi tipo di interventi. Come la protezione per i lavoratori, una bonifica del sito successiva alla rimozione, lo smaltimento dei rifiuti pericolosi in appositi luoghi di stoccaggio. Tutte operazioni delicate e costose.
E invece no. Dal verbale di Gara e dalla Determina del Settore Lavori Pubblici dell’agosto del 2005 risulta che il Comune ha assegnato alla ditta Nuzzo Costruzioni i lavori per la sostituzione di “pavimentazione di alcune aule e del corridoio al primo piano realizzata in piastrelle di PVC che risulta deteriorata”.
Nessun riferimento all’amianto. Nessun ricorso a una impresa specializzata. Strano. I lavori vengono effettuati nell’agosto del 2005. I pavimenti vengono sostituiti. E finiscono dentro le casse fuori al piazzale della scuola.
Tutto liscio, dunque? Niente affatto.
Secondo indiscutibili analisi di laboratorio, compiute in periodi diversi e da istituti diversi, nella scuola esistono porzioni consistenti di pavimento in linoleum contenenti fibre di amianto e il Comune sta facendo finta di niente.
Possiamo però ricavarne altre certezze: il Comune ha fatto rimuovere senza alcuna garanzia di sicurezza una pavimentazione contenente amianto che ha trattato come fosse banale materiale plastico, pur sapendo bene come stavano le cose. Così facendo, paradossalmente, ha causato un aumento del rischio di contagio con le fibre. Maneggiando con disinvoltura quei lastroni, se ne espone la superficie compatta a tagli, strappi, fratture, provocando proprio ciò che si voleva evitare: la dispersione delle fibre di amianto nell’aria.
Il 13 ottobre del 2005, in una nota inviata all’Arpac l’ing. Capone ha comunicato che “non trattasi di bonifica amianto ma di rimozione di VA (vinil-amianto), per la quale le procedure di rimozione possono essere semplificate rispetto a quelle dei materiali friabili”, correggendo apparentemente il tiro. Solo che il fattaccio era già successo. E che il vinil-amianto non è né più né meno che un composto di materiale contenente fibre di amianto, il quale esiste e può essere impiegato solo e sempre in composti.
Evidentemente per i nostri amministratori “semplificare le procedure” significa violare le norme di sicurezza, aggirare la legge, risparmiare quattrini, attossicare bambini, insegnanti, lavoratori. Significa mettere a repentaglio la salute pubblica.

Esposizione occasionale

Ma il nostro sindaco non la pensa così. Da medico oltre che da primo cittadino dichiara al Sannio Quotidiano il 18 settembre 2005: “L’amianto non crea danni all’organismo quando l’esposizione è occasionale, si sa di problemi generati da esposizioni croniche e prolungate”. Ma non esiste una differenza tra occasionale e prolungato, a meno che non si sia disposti ad ammettere che è meglio morire di cancro piuttosto che di insufficienza respiratoria. Opinione che sotto il profilo scientifico tocca e supera l’assurdo, e sotto quello politico denota irresponsabilità e malafede.
L’assessore ai Lavori Pubblici De Minico non è da meno. Il 27 ottobre 2005 dichiara pomposamente al Mattino: “Quello che è stato rinvenuto sulle mattonelle rimosse non è amianto ma vinil-amianto, per la qual cosa non esistono precisi controlli di rimozione”. Stupefacente. Sembra di sentir parlare l’ing. Capone. Due persone diverse, stessa mistificazione dei fatti.

La responsabilità non si appalta

Torniamo davanti al piazzale della scuola di Pacevecchia, con un’immagine: il camion della ditta non specializzata Nuzzo Costruzioni che si allontana con i suoi lastroni di linoleum-PVC-vinil-amianto, lasciando nello sconcerto insegnanti, famiglie, personale della scuola. Ma dove sta andando quel camion? Secondo un attestato esibito dalla ditta in data 12 ottobre 2005, il Formulario Rifiuti, quel materiale sarebbe stato consegnato alla ditta Eco System di S. Felice a Cancello e classificato come “plastica da recuperare”, perché appartenente alla categoria “plastiche provenienti dallo smantellamento di veicoli”.
La ditta Nuzzo ha trattato lastroni di pavimento contenenti fibre di amianto come fossero un cruscotto di automobile.
E questo perché le direttive in merito ricevute dal Comune parlavano di materiali plastici.
È l’ing. Capone stesso a inviare all’Arpac una lettera in cui lo certifica, il 13 ottobre del 2005. Ma che senso ha risolvere un’emergenza sanitaria ricorrendo a trucchi e finzioni?
La responsabilità non si appalta. Facile far ricadere le colpe su una ditta o sui lavoratori. Facile far credere che il rilascio delle fibre nell’aria sia dovuto alle operazioni di carico e scarico. Facile giustificare l’allarme dicendo che l’allarme è ingiustificato.
Ma non si può pensare di poter giocare con la salute pubblica. Di mettere a rischio la vita di bambini e adulti, frullandola in un balletto di false dichiarazioni, smentite e contro-smentite, controlli dimenticati o elusi, appalti consegnati nelle mani sbagliate, negligenze interessate e interessi pubblici negati.
Non è così che si garantiscono i diritti dei cittadini.

Prevenire quando non si può curare

Riannodiamo per un attimo i fili del nostro discorso.
Il Comune sapeva che c’erano fibre di amianto nel pavimento della scuola elementare di Pacevecchia?
Sì, e molto prima che cominciassero gli interventi di rimozione. Ma prima se l’è dimenticato, e poi l’ha nascosto. Prima ha detto, sì. Poi ha agito come se avesse detto no. E alla fine si è giustificato dicendo ni.
Nonostante ne fosse al corrente, il Comune ha provveduto a che tutto fosse svolto secondo norme di sicurezza?
No, e abbiamo visto quello che è stato capace di orchestrare. Da amianto a PVC e ritorno. Risparmiando sui soldi e dilapidando in incompetenza.
Il Comune ha dunque commesso una serie di atti amministrativi che brillano per negligenza, irresponsabilità, cinismo. Ha costruito un “grande imbroglio” scompaginando le carte dei fatti, coinvolgendo altre imprese, giocando allo scaricabarile della responsabilità con l’Asl e l’Arpac, aggirando o violando leggi e regolamenti. Questa vicenda è senza alcun dubbio un brutto affare. I pericoli che si corrono se si viene esposti all’amianto sono reali, come si è detto, non il grido d’allarme di genitori apprensivi o insegnati paranoici. Il che vuol dire che l’unica soluzione per evitare danni irreversibili è un’attenta e accurata prevenzione.
Gli amministratori coinvolti, a cominciare dal sindaco, dovranno rispondere di questo brutto affare. Ma il punto è un altro, e si riassume in una serie di interrogativi dai quali esigiamo una risposta: riuscirà il Comune a tutelare i cittadini dal rischio amianto? Quante strutture pubbliche esistono ancora in città che hanno parti contenenti fibre di amianto? Perché il Comune non fornisce un elenco di queste strutture? Perché non dispone controlli? Perché neanche gli altri enti pubblici deputati alla salvaguardia della salute, come l’Asl, non hanno proceduto a un monitoraggio delle strutture “a rischio”? Quali connivenze, interessi, ostacoli più o meno occulti, si frappongono a che si raggiunga una quota ragionevole di certezze e di verità sulla questione amianto a Benevento?
Dopo i fatti che abbiamo raccontato, ci riesce difficile credere che le cose cambieranno. E tuttavia dovranno cambiare lo stesso.
Fino a quando la “nube di polvere” sollevata da questa sporca storia non si sarà diradata

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RE.S.E.T.
Rete Sociale Ecologica e Territoriale – Benevento
Associazioni Ambientaliste – Centro Sociale Depistaggio – Codacons – Comitato Serretelle CUB Trasporti – Emisfero sud – Fiom CGIL – Flaica CUB – ForumAmbientalista Sannio Movimento studentesco – PRC – Sancto Janne – Slai Cobas

Dossier Amianto Pacevecchia
Lunedì 30 giugno 2006, ore 16, Istituto “Cattaneo”

Diapositiva 1 – RESET
Diapositiva 2 – Dossier Amianto
Diapositiva 3- Ingresso scuola Pacevecchia)

Il 16 settembre dello scorso anno, mentre erano in corso le lezioni nella scuola elementare del quartiere Pacevecchia, alcuni insegnanti si accorgono che nel piazzale antistante l’edificio (diapositiva 4 ) alcuni operai stanno caricando su un camioncino le piastrelle di linoleum che erano state rimosse dai pavimenti della scuola da una ditta incaricata dal Comune.
Il lavoro si svolge senza particolari accorgimenti tanto da sollevare una piccola nube di polvere che preoccupa gli insegnanti i quali sanno che in quelle piastrelle è stata più volte accertata la presenza di fibre di amianto.
Dopo poche ore, i tecnici dell’Arpac, chiamati dai docenti, riscontrano la presenza sul piazzale della scuola di pezzi di linoleum e prelevano da terra il pulviscolo che viene esaminato riscontrando fibre di Amianto. (diapositive 5-6-7)
Quindi, effettivamente, le operazioni di carico su un automezzo delle piastrelle di linoleum, senza i dovuti sistemi di sicurezza, aveva determinato il rilascio di fibre del materiale cancerogeno davanti ad una scuola frequentata da bambini, genitori, insegnanti e assistenti scolastici.(diapositive 8-9-10)
Di chi sono le responsabilità per tale disastro? Quali danni può procurare l’amianto?

Sul Sannio Quotidiano del 18 settembre 2005 (diapositive 11-12) compare una dichiarazione del Sindaco il quale, anche nella qualità di medico, spiega “L’amianto non crea danni all’organismo quando l’esposizione è occasionale, si sa di problemi generati da esposizioni croniche e prolungate”.
Su Il Mattino dello stesso giorno, (diapositive 13-14) il coordinatore provinciale del Codacons dichiara che “le piccole fibre di amianto presenti nella nube di polvere che ha invaso la scuola sono altamente cancerogene proprio quando entrano nel sistema respiratorio. Per questo motivo i lavori di rimozione di tutti i manufatti che contengono tale sostanza devono essere effettuati con particolari sistemi di sicurezza”

La parola al medico.
Attualmente sono proibite su tutto il territorio nazionale “l’estrazione, l’importazione la lavorazione dell’amianto”, come recita la legge 257 varata nel lontano 1992. Ma l’amianto ha conosciuto tempi migliori di questi. Tempi in cui veniva largamente usato. Materiale estremamente versatile e resistente, è stato impiegato in circa 3500 applicazioni, che vanno dai tetti degli edifici ai freni a disco, dai guanti da forno alle guarnizioni elettriche, dai pannelli isolanti alle condutture dell’acqua, dai tessuti ai pavimenti di linoleum, ecc. ecc. Sembrava buono per tutti gli usi, l’amianto, come il prezzemolo. Sembrava un materiale economico, conveniente, efficace.
Poi, a un certo punto, tutto finisce. Chi lavorava con l’amianto comincia ad accusare disturbi. Chi vi era stato esposto denuncia problemi fisici gravi. Qualcuno ci rimette la pelle. Vengono avviate ricerche scientifiche. Si scopre che le fibre di amianto fissate nei composti, quando rilasciate nell’aria, possono essere nocive per l’uomo. Diverse analisi accertano così che l’amianto non era la sostanza amica che si credeva. Già, ma che cos’era?
Una sostanza nemica. Un pericolo. Un minerale cancerogeno.
L’amianto non è come l’influenza di stagione. Non provoca tosse e raffreddore. Non si cura con l’antibiotico. L’amianto attacca l’organismo umano e causa qualcosa di più che la carie o il mal di testa.
Si conoscono tre effetti gravissimi derivanti dal contagio con fibre di amianto: l’asbestosi, una malattia che, facendo perdere elasticità ai polmoni, impedisce l’ossigenazione e genera una insufficienza respiratoria irreversibile dalle ovvie, tragiche conseguenze; il mesotelioma, una forma rara e devastante di tumore che attacca alcune membrane dell’organismo ed è mortale nella quasi totalità dei casi; il carcinoma polmonare che, grazie all’esposizione alle fibre di amianto, aumenta di ben 5 volte le sue possibilità di colpire l’organismo.
Né la durata né l’intensità dell’esposizione alle fibre di amianto hanno alcuna rilevanza. Ci vuole poco ad essere esposti al contagio. Una sola fibra che riesca a entrare nel corpo umano è sufficiente a causare uno di questi effetti. E le fibre di amianto sono infinitesimali: in 1 mm di diametro se ne contano tra le 10.000 e le 50.000.
Queste gravissime patologie si manifestano in un arco di tempo molto lungo, che può coprire un’estensione di 40 anni. Ciò rende difficile individuarne agevolmente la presenza. E tuttavia, quando si manifestano, non lasciano scampo.

Torniamo agli interrogativi: il Comune di Benevento quando ha deciso la sostituzione dei pavimenti sapeva che c’era Amianto? La ditta scelta per i lavori è una ditta specializzata per questo tipo di lavoro? Perché questo lavoro non è stato eseguito nel rispetto delle norme che impongono particolari accorgimenti per la sicurezza quando si trattano materiali contenenti Amianto? Lo sapevano gli operai che hanno caricato sul camioncino le piastrelle di linoleum che stavano lavorando a contatto con fibre di amianto? E i lavori di rimozione delle piastrelle nella scuola, sono stati eseguiti con gli accorgimenti dovuti, oppure sono state disperse anche nelle aule le fibre del pericoloso materiale?

La nostra ricostruzione dei fatti si basa sulle notizie apparse sui giornali e sui documenti che sono stati messi a disposizione del Codacons che ha prodotto specifiche richieste agli Enti competenti.
Le polemiche sulle responsabilità per la dispersione nell’ambiente delle fibre di Amianto, compaiono già sulla stampa locale il giorno dopo la chiusura della scuola, da consiglieri comunali di maggioranza e di opposizione.
Il Sannio Quotidiano del 18 settembre (diapositive 15- 16) riporta la dichiarazione del Consigliere Comunale di Forza Italia, Marcello Matarazzo il quale segnala le responsabilità dell’Ufficio Tecnico e ricorda che il Sindaco si era impegnato in Consiglio Comunale a far bonificare la scuola ed invece è stato rimosso solo il pavimento.
Sempre il 18 settembre Il Mattino (diapositive 17-18) riporta le accuse gravissime del capogruppo dell’Udeur in Consiglio Comunale al Sindaco per i lavori eseguiti “senza garantire le più elementari norme di sicurezza a salvaguardia della salute dei propri concittadini” .

A proposito di responsabilità, l’Ingegnere Capo del Comune, Fernando Capone, rilascia al Sannio Quotidiano del 27 settembre 2005 (diapositive 19), una strana dichiarazione. Egli fa sapere che che sono in corso gli accertamenti sull’iter seguito anche se “spinte dalle necessità come nel caso di Pacevecchia, bisogna provare a ridurre i tempi morti della burocrazia…”
Il 13 di ottobre lo stesso ing. Capone comunica all’ARPAC (diapositive 20-21) il nome della ditta chiarendo che “non trattasi di bonifica amianto ma di rimozione di VA (vinil-amianto) per i quali le procedure di rimozione possono essere semplificate rispetto a quelle dei materiali friabili”
Si tratta di una dichiarazione stupefacente! Non è vero che la rimozione di vinil-amianto si fa con procedure semplificate. Se le piastrelle che contengono le fibre del minerale cancerogeno sono rotte per usura, o quando vengono tagliate o rimosse, allora l’amianto si disperde nell’ambiente con tutti i pericoli connessi.
Ma comunque non è stata adottata neppure la presunta “procedura semplificata” per il semplice fatto che nell’affidare i lavori alla ditta, il Comune di Benevento non ha fatto alcun riferimento neppure al vinil-amianto.
Infatti dal Verbale di Gara e dalla Determina del Settore Lavori Pubblici 866 del 5/8/2005 (diapositive 22-23-24) risulta che i lavori affidati alla ditta Nuzzo Costruzioni riguardavano solo la sostituzione di “pavimentazione di alcune aule e del corridoio al primo piano realizzata in PIASTRELLE DI PVC che risulta deteriorata”
Nessun riferimento, quindi all’amianto in alcuna forma, neppure come vinil-amianto! Quindi il Comune di Benevento ha chiesto alla ditta Nuzzo di eseguire i lavori come se si trattasse di sostituire un semplice materiale in PVC senza alcuna accortezza o norma di sicurezza prevista per i lavori di rimozione di pavimenti contenenti fibre di amianto, esponendo, pertanto, a gravi rischi per la salute, i lavoratori della ditta stessa e poi i bambini della scuola, gli insegnanti, il personale ausiliario e poi tutti i frequentatori della area antistante l’istituto.
Ma anche il comportamento della ditta Nuzzo non appare proprio lineare.
Infatti essa, dovendo dimostrare come e dove ha smaltito le piastrelle rimosse dalla scuola Pacevecchia, esibisce un attestato “il Formulario Rifiuti” (diapositiva 25) dal quale risulta che in data 12/10/2005, cioè dopo circa un mese dopo da quando le piastrelle erano state caricate in malo modo sul camioncino procurando la nube di polvere e fibre di amianto, era stato consegnato alla ditta Eco Sistem di San Felice a Cancello, del materiale descritto come PLASTICA da RECUPERARE contraddistinto con il codice 16.01.19 che si riferisce a PLASTICHE PROVENIENTI DALLA ROTTAMAZIONE DI VEICOLI.
E’ evidente che non si tratta neppure del pavimento in PVC come dichiarato dal Comune e si capisce che il certificato predetto si riferisce a plastiche da autoveicoli da demolire che niente hanno a che fare, comunque, con la pavimentazione rimossa nella scuola Pacevecchia.
Eppure questo è il certificato che proprio l’ing. Capone allega alla lettera inviata all’ARPAC il 13/10/2006 (diapositiva 26-27).

Ma le sorprese non sono finite. Il 27/10/2006 ci pensa l’Assessore ai Lavori Pubblici a stupire tutti, dichiarando in Consiglio Comunale, come riportato da Il Mattino (diapositiva 28) che a Pacevecchia non c’era amianto nei pavimenti e si serve per questa sua sorprendente novità di analisi fatte eseguire dalla ditta Nuzzo.
Ma cosa ha fatto analizzare la ditta Nuzzo? Il materiale plastico da autoveicoli da demolire? L’Assessore De Minico, al di la della enfasi manifestata nell’annunciare la falsa novità, precisa che “quello che è stato rinvenuto sulle mattonelle rimosse non è amianto ma vinil-amianto, per la qual cosa non esistono precisi controlli di rimozione”. Abbiamo già spiegato che così non è.
Il Comune sapeva che nelle piastrelle di alcuni locali di quella scuola, vi era amianto. (diapositiva 29)
Lo sapeva dal 1998 a seguito del sopralluogo della ASL Benevento 1. Nel documento prot. 3722 del 5/10/98 (diapositive 30-31-32) i tecnici della ASL dichiarano che nel campione prelevato nel locale segreteria-sala professori, c’erano fibre di amianto precisando che nel caso si ravvisi la necessità di rimuoverlo “dovranno essere adottate tutte le prescrizioni” di legge.
Nel 2003 i tecnici dell’ARPAC relazionano (diapositive 33-34) e confermano che nell’aula prima adibita a segreteria la pavimentazione “mostra segni diffusi, talora marcati, di danneggiamento e usura”. Quindi quelle piastrelle sono diventate pericolose perché possono rilasciare particelle di amiato. Anche questa documentazione fu inviata al Comune che era ben cosciente della presenza di amianto in quella scuola tantè che il 5/11/2004 il Dirigente del Settore Lavori Pubblici, Fernando Capone, scrive all’ARPAC (diapositive 35-36) chiedendo la “certificazione relativa alla costituzione dei materiali contenenti amianto delle PAVIMENTAZIONI IN LINOLEUM della scuola Elementare e Materna di Pacevecchia” perché ha necessità di presentare alla Regione Campania la richiesta di finanziamento per “programmi di risanamento aree contaminate”.
L’ARPAC risponde il 15/11/2004 inviando ancora una volta il Rapporto di Prova che attestava la presenza di amianto crisotilo in quella pavimentazione. (diapositive 37-38-39-40)
Quindi l’ing. Capone sapeva che in quella scuola alcuni pavimenti presentavano segni evidenti di danneggiamento e contenevano amianto. E lo sapeva certamente da almeno 8 mesi prima di avviare le procedure per assegnare i lavori alla ditta Nuzzo.
Ma le cose strane di questa vicenda non sono terminate.
Dopo la “nube di polvere e fibre di amianto” di settembre 2005, il Comune di Benevento affida alla ditta COSTA di Acerra gli “interventi di messa in sicurezza previa rimozione e smaltimento delle strutture in amianto presso alcuni edifici comunali”.
Con la lettera del 17 novembre 2005, (diapositive 41-42-43) la ditta Costa comunica di aver fatto eseguire alcune analisi dei pavimenti della scuola e di aver riscontrato che tutti i pavimenti ancora presenti nell’edificio, contengono amianto. Si tratta di una scoperta sorprendente perché finora si era parlato solo del pavimento di un’aula e forse alcuni altri pezzi usati per sostituire le piastrelle mancanti, ma mai si era accertato che tutti i pavimenti contenessero amianto.
Anche l’ARPAC provvede a fare le analisi e scopre che effettivamente nel “Pavimento corridoio piano terra” e “Pavimento aula 11” c’è amianto.
Precisano i tecnici della ASL che i campioni analizzati non sono riferibili a quelli analizzati precedentemente. (diapositive 44-45-46 e 47-48-49)
In effetti nella relazione del 1998, i tecnici del Laboratorio di analisi della ASL BN1 riscontravano l’amianto solo in un campione (diapositive 50) e quindi in una sola aula, come è possibile che ora l’amianto viene scoperto in tutti i pavimenti? Per concludere.
Non c’è dubbio che vi sono responsabilità penali in questa vicenda , come sostiene il Codacons che ha già da tempo presentato un esposto alla Procura della Repubblica che però non ha ancora assunto alcuna iniziativa neppure per avviare le indagini.
Vi sono però anche responsabilità politiche, amministrative, morali per il Sindaco, l’Assessore ai Lavori Pubblici e il Dirigente del Settore che dovrebbero dimettersi o essere rimossi immediatamente.
Ora è necessario ricostruire quella scuola, ma anche la ASL e l’ARPAC devono chiarire qual’è stata la effettiva esposizione al rischio amianto da parte dei bambini, i professori e il personale ausiliario della Scuola Pacevecchia.
Ma è ancor più necessario evitare che fatti simili non si ripetano. Ora vogliamo sapere quali sono i luoghi pubblici esaminati dalla Commissione amianto del 1998 nei quali è stata riscontrata la presenza di amianto e che cosa stato fatto in questi anni per evitare rischi alla popolazione
Sabato pomeriggio abbiamo apposto simbolicamente i sigilli alla scuola elementare Mazzini in piazza Risorgimento (diapositiva 51).
Anche in quell’Istituto, infatti, è stata certificata la presenza di amianto nei pavimenti. (diapositive 52-53-54)
Vogliamo sapere da quando tempo il Comune sapeva della presenza del minerale cancerogeno. Se c’è il piano per la sicurezza. Se la ditta incaricata di effettuare la rimozione di quei pavimenti è una ditta specializzata per questo tipo di lavori. Sia chiaro che accerteremo la presenza di amianto in altre strutture pubbliche e denunceremo i responsabili. (diapositiva 55)

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