ATTENZIONE: La pubblicazione degli articoli continua sul sito www.altrabeneventopossibile.it
You Are Here: Home » Ambiente » La Terra consumata da 50 milioni di ciccioni a danno di 6 miliardi di persone.

La Terra consumata da 50 milioni di ciccioni a danno di 6 miliardi di persone.

Stampa questo articolo Stampa questo articolo

terra consumataTERRA, quotidiano ecologista – 13/01/2010 -

La Terra consumata

Susan Dabbous

AMBIENTE. Il Worldwatch institute denuncia nel suo ultimo rapporto “State of the world 2010” l’assalto alle risorse del pianeta. Cinquecento milioni di “ricchi” nel mondo sono responsabili del 50 per cento delle emissioni globali di CO2.

Pochi e grassocci ricchi divorano a morsi la Terra, spalancando a dismisura le fauci. Potrebbe essere questa l’immagine che fa da sfondo all’ultimo rapporto del Worldwatch institute, il centro di ricerca fondato nel 1984 da Lester Brown, che ha presentato ieri a Washington il rapporto annuale sullo stato del pianta “State of the world 2010”. L’allarme parte dai numeri: il 7 per cento della popolazione mondiale produce il 50 per cento delle emissioni globali di anidride carbonica.

Nel 2006 la popolazione del pianeta ha consumato beni e servizi per 30mila miliardi di dollari, il 28 per cento di più rispetto a 10 anni fa. Se il mondo continuasse a sperare a questi ritmi, nel giro di poco tempo resterebbero risorse solo per 1,4 miliardi di persone. Il consumismo è in drammatica crescita. A dimostrarlo anche l’aumento incontrollato dell’impiego delle risorse naturali. Un esempio per tutti: con la quantità di materie prime estratte quotidianamente si potrebbero costruire ogni giorno 112 grattacieli come l’Empire State Building. Il capitolo alimentazione poi è ancora più spietato per il divario tra ricchi e poveri.

Per placare i rimorsi occidentali (gli europei sono quasi assimilabili ai cittadini statunitensi), però, è utile forse sapere che a divorare una parte delle risorse alimentari globali si sono aggiunti anche “nuovi ciccioni”: Cina, India e Messico, mentre ammonta ormai a 1,2 miliardi la popolazione proveniente da una ventina Paesi di nuova industrializzazione e in via di sviluppo. Lo spirito del dossier, comunque, non è catastrofista: nel sottotitolo “Dal consumismo alla sostenibilità” si propongono delle alternative per il futuro.

«Serve un ripensamento fondamentale dei modelli culturali dominanti», afferma in un comunicato il responsabile della ricerca Erik Assadourian. Per fare questo: «Bisogna puntare sull’efficienza tecnologica e anche la politica deve giocare il suo ruolo nel ripensamento dei modelli culturali affinché la sostenibilità diventi la norma». Gianfranco Bologna, direttore scientifico di Wwf Italia e responsabile dell’edizione italiana del “State of the World”, che nel nostro Paese uscirà a marzo per le Edizioni Ambiente, mette l’accento proprio su uno dei temi più importanti del dossier: il saccheggio delle risorse naturali.

«Siamo abituati a vedere l’economia come qualcosa di scollegato dalla risorse materiali – afferma Bologna -. In realtà non è così: il bilancio dei flussi di materia, ormai calcolabili precisamente per ogni Paese del mondo, è aumentato del 50 per cento rispetto a 30 anni fa. In termini assoluti si stima che ogni anno estraiamo nel mondo circa 60 miliardi di tonnellate di materie prime». Tradotto in termini di vita quotidiana sono le centinai di migliaia di cose più o meno utili che usiamo ogni giorno, oggetti stupidi o straordinariamente tecnologici, perenni o usa e getta, derivati da: silicio, petrolio, legno e altro.

«L’analisi originale che viene fatta in questo studio di cui sto curando la prefazione – continua il professore – è la distinzione tra esigenze reali e fittizie, quelle di carattere semplicemente psicologico». L’accezione che viene data al consumismo in questo caso è totalmente negativa perché agisce come un elemento di «disturbo» sulle nostre menti, direttamente collegate ai portafogli. Al momento di acquistare un oggetto, quindi, lo si fa solo per «dimostrare qualcosa a qualcuno» continua Bologna. Secondo il rapporto, economia, politica, religioni, educazione, media, e governi hanno il potere-dovere di intervenire subito. Di certo non si parte da zero, perché come segnalato nelle pagine del State of the world le buone pratiche esistono già.

L’Italia è stata portata ad esempio per il suo sistema di mense scolastiche a menu biologico, in Germania invece è la cittadina di Vauban il campione di sostenibilità per utilizzo di biciclette ed energia dal vento. Quello degli ecovillaggi, però, è solo uno degli esempi virtuosi di sostenibilità.

Condividi su:
  • Twitter
  • Facebook

© Altrabenevento

Scroll to top